APPROVATI NELLA SEDUTA DEL 18 GIUGNO DAL CONSIGLIO REGIONALE
PERICOLOSISSIMI EMENDAMENTI NELL'AMBITO DELLA LEGGE
COMUNITARIA.
I CONSIGLIERI REGIONALI DI LEGA NORD, PDL E UDC ANCORA UNA
VOLTA CORTEGGIANO I CACCIATORI E SE NE INFISCHIANO CHE
VENGANO STERMINATI CENTINAIA DI MIGLIAIA DI ANIMALI
Il tempo di mettere in pericolo la fauna selvatica del
Friuli Venezia Giulia non è mai finito!!
Il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia nell'ambito
della legge comunitaria ha infatti stabilito di dare il via
libera alla caccia di specie non cacciabili in tutto il
resto d'Italia, come diverse specie di anatidi, gli
storni o le tortore dal collare orientale.
Le associazioni animaliste ed ambientaliste del Friuli
Venezia Giulia non si aspettavano questo nuovo attacco
all'integrità dell'ecosistema della regione, soprattutto
dopo la recentissima sentenza della Corte Costituzionale che
ha letteralmente demolito l'impianto normativo che
disciplina la caccia in questa Regione, pensando,
evidentemente a torto, che le diverse figuracce ed i già
altissimi costi sostenuti per favorire pochi cacciatori
inducessero a maggior prudenza.
Evidentemente alla politica poco interessa della
conservazione della fauna, basti pensare che con un altro
emendamento è stato attribuito alle province, in luogo
delle regioni - come prevede invece la legge quadro
nazionale – la competenza ad emanare le autorizzazioni
per sterminare volpi, cinghiali e corvidi (leggi cornacchie
grigie, gazze e ghiandaie). Quanto sopra nell'ambito
dell'applicazione della legge comunitaria che tutela gli
uccelli selvatici, la cui parte applicata - ancora una volta
da questa regione faunofoba - è proprio quella che la
disapplica.
Ovviamente anche questa volta, come nel passato, non staremo
a guardare e faremo il possibile perché questi
provvedimenti normativi vengano nuovamente bocciati dalla
Consulta impugnando, nel frattempo, gli atti amministrativi
che disporranno gli abbattimenti, oltre a segnalare le norme
direttamente alla Commissione Europea.
Inoltre, pare doveroso porre all'attenzione dell'opinione
pubblica che i costi di questi procedimenti graveranno
inevitabilmente su tutti i cittadini.
Esempio ne è la sentenza del 5 giugno 2009 del TAR Friuli
Venezia Giulia che, nel dichiarare illegittima la cattura
degli uccelli con le reti - caldeggiata dalla Provincia di
Pordenone -, ha condannato la Regione Friuli Venezia Giulia
stessa e la Provincia di Pordenone a risarcire le spese di
giudizio sostenute dalla Lega per l'Abolizione della Caccia
e dal WWF.
Per Le associazioni firmatarie
Per il WWF FVG
Per la LIPU FVG
Per la LAC FVG
Per la LAV Sezione del FVG
NIENTE UCCELLAGIONE
Niente uccellagione. Nemmeno per piccole quantità di
volatili e per finalità "culturali". Stavolta non lo dice
la Corte costituzionale, che ha appena annullato diffuse
parti della legge regionale sulla caccia, bensì il Tar di
Trieste: ieri ha accolto un ricorso presentato dalla Lac
(Lega per l’abolizione della caccia) e dal Wwf contro la
Regione, la Provincia di Pordenone e l’Associazione
ornitologica friulana sagre e fiere venatorie. I magistrati
hanno annullato il provvedimento regionale di deroga per la
cattura e detenzione di uccelli in piccola quantità del 24
ottobre 2008 (così come parzialmente modificato 6 giorni
dopo), con il quale si autorizzava la cattura e la
detenzione in vita di 50 capi di varie specie allo scopo di
cessione ad espositori in fiere ornitologiche
dell'associazione chiamata in causa. La Regione aveva
motivato la decisione con «l’esigenza di catturare e
detenere in vita degli uccelli per cederli ad espositori in
occasioni di fiere ornitologiche», disattendendo con tale
condotta - secondo gli animalisti - un parere espresso
dall’Istituto nazionale per la fauna selvatica.
L’istituto rilevava in particolare che «non è
possibile determinare in modo oggettivo e scientificamente
solido le "piccole quantità" prelevabili». La posizione
è stata successivamente ribadita dall'Istituto superiore
per la protezione e ricerca ambientale (subentrato
all'Infs), il quale ha sottolineato che «è possibile
insegnare il canto ai soggetti nati in cattività
ricorrendo a registrazioni facilmente reperibili sul mercato
o selezionare esemplari prodotti dagli allevamenti».
Invece sulla scorta del provvedimento della Regione,
il 6 novembre 2008 la Giunta provinciale di Pordenone
«deliberava di dare applicazione al provvedimento
autorizzativo regionale - si legge nella sentenza -
motivandolo con la necessità di mantenere vive le
tradizioni risalenti alle nostre lontane origini rurali, di
riattivare bressane e roccoli storici» e di «utilizzare
i soggetti catturati come maestri di canto per gli esemplari
nati in cattività che avrebbero partecipato alle numerose
fiere ornitologiche in Friuli Venezia Giulia e delle regioni
contermini». Il Tar, in calce a un torrente di
considerazioni giuridiche, spiega che le misure impugnate
sono annullate in quanto violano la legge regionale 14 del
2007 e la Direttiva europa 409 del 1979: vi si prescrive che
eventuali deroghe al divieto di uccellagione sono possibili
solo in assenza di alternative al prelievo di esemplari
dalla natura e per le non numerose finalità consentite,
che vanno dalla salute pubblica alla sicurezza aerea, fino
agli scopi scientifici e didattici.
dal gazzettino di Pordenone
Maurizio Bait
volatili e per finalità "culturali". Stavolta non lo dice
la Corte costituzionale, che ha appena annullato diffuse
parti della legge regionale sulla caccia, bensì il Tar di
Trieste: ieri ha accolto un ricorso presentato dalla Lac
(Lega per l’abolizione della caccia) e dal Wwf contro la
Regione, la Provincia di Pordenone e l’Associazione
ornitologica friulana sagre e fiere venatorie. I magistrati
hanno annullato il provvedimento regionale di deroga per la
cattura e detenzione di uccelli in piccola quantità del 24
ottobre 2008 (così come parzialmente modificato 6 giorni
dopo), con il quale si autorizzava la cattura e la
detenzione in vita di 50 capi di varie specie allo scopo di
cessione ad espositori in fiere ornitologiche
dell'associazione chiamata in causa. La Regione aveva
motivato la decisione con «l’esigenza di catturare e
detenere in vita degli uccelli per cederli ad espositori in
occasioni di fiere ornitologiche», disattendendo con tale
condotta - secondo gli animalisti - un parere espresso
dall’Istituto nazionale per la fauna selvatica.
L’istituto rilevava in particolare che «non è
possibile determinare in modo oggettivo e scientificamente
solido le "piccole quantità" prelevabili». La posizione
è stata successivamente ribadita dall'Istituto superiore
per la protezione e ricerca ambientale (subentrato
all'Infs), il quale ha sottolineato che «è possibile
insegnare il canto ai soggetti nati in cattività
ricorrendo a registrazioni facilmente reperibili sul mercato
o selezionare esemplari prodotti dagli allevamenti».
Invece sulla scorta del provvedimento della Regione,
il 6 novembre 2008 la Giunta provinciale di Pordenone
«deliberava di dare applicazione al provvedimento
autorizzativo regionale - si legge nella sentenza -
motivandolo con la necessità di mantenere vive le
tradizioni risalenti alle nostre lontane origini rurali, di
riattivare bressane e roccoli storici» e di «utilizzare
i soggetti catturati come maestri di canto per gli esemplari
nati in cattività che avrebbero partecipato alle numerose
fiere ornitologiche in Friuli Venezia Giulia e delle regioni
contermini». Il Tar, in calce a un torrente di
considerazioni giuridiche, spiega che le misure impugnate
sono annullate in quanto violano la legge regionale 14 del
2007 e la Direttiva europa 409 del 1979: vi si prescrive che
eventuali deroghe al divieto di uccellagione sono possibili
solo in assenza di alternative al prelievo di esemplari
dalla natura e per le non numerose finalità consentite,
che vanno dalla salute pubblica alla sicurezza aerea, fino
agli scopi scientifici e didattici.
dal gazzettino di Pordenone
Maurizio Bait
ALIMENTAZIONE: SALUTE E IMPATTO AMBIENTALE
Questo è il titolo dell'interessante incontro-dibattito, organizzato
dalla Sezione Friulana dalla L.A.C. (Lega per l'abolizione
della Caccia) e tenutosi sabato pomeriggio a Pordenone nella
sede di palazzo Gregoris. La conferenza, moderata dalla
responsabile locale della L.A.C. Avv. Alessandra Marchi, ha
avuto quali protagonisti in veste di relatori la DOTT.SSA
LUCIANA BARONI, medico, specialista in Neurologia, Geriatria
e Gerontologia, esperta di nutrizione vegetariana,
presidentessa della Società Scientifica di Nutrizione
Vegetariana e PROF. GIANNI TAMINO, docente di Biologia
Generale presso l' Università degli Studi di Padova,
esperto in materia ambientale, dei rifiuti, dell'energia,
della sostenibilità e delle biotecnologie, Membro della
Camera dei Deputati dal 1983 al 1992 e del Parlamento
Europeo dal 1995 al 1999.
La dott.ssa Baroni ha illustrato puntualmente e con
efficacia le gravi conseguenze provocate sulla salute umana
dal consumo sempre più smisurato di carne e di prodotti
animali da parte della stragrande maggioranza dei paesi
occidentali. Infatti, arteriosclerosi, ipertensione, cancro
e obesità sono le malattie croniche che affliggono gli
abitanti dei paesi ricchi; l'arteriosclerosi e l'obesità,
inoltre, si manifestano sempre più spesso nell'età
infantile proprio a causa dell'assunzione di cibi grassi.
Contro il rischio di queste patologie c'è una soluzione
semplicissima, ma ancora poco conosciuta e divulgata dagli
stessi medici: la dieta vegetariana o vegana associata
all'attività fisica. La dott.ssa Baroni è stata chiara:
una dieta vegetariana ridurrebbe, in Italia, del 26% la
mortalità causata dalle malattie cardiovascolari. Inoltre,
le stesse linee guida per la prevenzione dei tumori
sottolineano l'importanza di una dieta a base vegetale. Gli
effetti benefici della dieta vegetariana sono inequivoci
anche con riferimento a malattie quali l'obesità, il
parkinson e l'osteoporosi.
A sua volta, il prof. Tamino ha analizzato il rapporto fra
dieta alimentare dei paesi occidentali e ambiente,
individuando nella presenza degli allevamenti intensivi e
nell'eccessivo consumo di carne (oltre 100 grammi al giorno)
una delle cause principali del disastro ambientale. Basti
pensare che gli animali da allevamento producono un'enorme
quantità di metano, che contribuisce ad un quinto delle
emissioni totali di gas serra. Per produrre 1 kg di manzo si
inquina di più che far circolare 3 auto per un giorno
intero! Inoltre, per produrre mezzo chilo di carne di maiale
sono necessari 14.910 litri d'acqua e per mezzo chilo di
carne di manzo ben 47.700 litri.
Oltre a ciò – dice Tamino – il consumo di carne è
una delle cause fondamentali della morte per fame di milioni
di esseri umani dei paesi poveri. Territori sempre più
vasti di questi paesi vengono, infatti, sottratti alle
foreste per la coltivazione di cereali, destinati agli
animali degli allevamenti che andranno a riempire le pance
già sazie degli occidentali, anziché le popolazioni
africane, del sud est asiatico, e dell'America Latina. Si
consideri che 1 ettaro di terreno coltivato a soia produce
1800 chili di proteine vegetali, adibito a pascolo e
allevamento produce appena 60 chili di proteine animali.
Tutto ciò non potrà che generare guerre e carestie. Se
tutta l'umanità, infatti, volesse, al pari dei paesi
occidentali, consumare 80 kg di carne pro capite all'anno,
sarebbe necessaria una superficie tripla rispetto a quella
del pianeta Terra. E visto che noi occidentali non possiamo
arrogarci il diritto di essere gli unici a nutrirci di
animali, l'unica soluzione possibile è ridurre
drasticamente il consumo della carne nelle nostre diete.
L'adozione di una dieta vegetariana ridurrebbe di 3/4 volte
il fabbisogno di terra e di energia e del 30-40% il
fabbisogno di acqua e l'impatto eutrofizzante.
Conclude Tamino: è la stessa F.A.O. a metterci in guardia:
“gli uomini carnivori stanno distruggendo la Terra. Non
c'è cibo sufficiente per tutti.”
dalla Sezione Friulana dalla L.A.C. (Lega per l'abolizione
della Caccia) e tenutosi sabato pomeriggio a Pordenone nella
sede di palazzo Gregoris. La conferenza, moderata dalla
responsabile locale della L.A.C. Avv. Alessandra Marchi, ha
avuto quali protagonisti in veste di relatori la DOTT.SSA
LUCIANA BARONI, medico, specialista in Neurologia, Geriatria
e Gerontologia, esperta di nutrizione vegetariana,
presidentessa della Società Scientifica di Nutrizione
Vegetariana e PROF. GIANNI TAMINO, docente di Biologia
Generale presso l' Università degli Studi di Padova,
esperto in materia ambientale, dei rifiuti, dell'energia,
della sostenibilità e delle biotecnologie, Membro della
Camera dei Deputati dal 1983 al 1992 e del Parlamento
Europeo dal 1995 al 1999.
La dott.ssa Baroni ha illustrato puntualmente e con
efficacia le gravi conseguenze provocate sulla salute umana
dal consumo sempre più smisurato di carne e di prodotti
animali da parte della stragrande maggioranza dei paesi
occidentali. Infatti, arteriosclerosi, ipertensione, cancro
e obesità sono le malattie croniche che affliggono gli
abitanti dei paesi ricchi; l'arteriosclerosi e l'obesità,
inoltre, si manifestano sempre più spesso nell'età
infantile proprio a causa dell'assunzione di cibi grassi.
Contro il rischio di queste patologie c'è una soluzione
semplicissima, ma ancora poco conosciuta e divulgata dagli
stessi medici: la dieta vegetariana o vegana associata
all'attività fisica. La dott.ssa Baroni è stata chiara:
una dieta vegetariana ridurrebbe, in Italia, del 26% la
mortalità causata dalle malattie cardiovascolari. Inoltre,
le stesse linee guida per la prevenzione dei tumori
sottolineano l'importanza di una dieta a base vegetale. Gli
effetti benefici della dieta vegetariana sono inequivoci
anche con riferimento a malattie quali l'obesità, il
parkinson e l'osteoporosi.
A sua volta, il prof. Tamino ha analizzato il rapporto fra
dieta alimentare dei paesi occidentali e ambiente,
individuando nella presenza degli allevamenti intensivi e
nell'eccessivo consumo di carne (oltre 100 grammi al giorno)
una delle cause principali del disastro ambientale. Basti
pensare che gli animali da allevamento producono un'enorme
quantità di metano, che contribuisce ad un quinto delle
emissioni totali di gas serra. Per produrre 1 kg di manzo si
inquina di più che far circolare 3 auto per un giorno
intero! Inoltre, per produrre mezzo chilo di carne di maiale
sono necessari 14.910 litri d'acqua e per mezzo chilo di
carne di manzo ben 47.700 litri.
Oltre a ciò – dice Tamino – il consumo di carne è
una delle cause fondamentali della morte per fame di milioni
di esseri umani dei paesi poveri. Territori sempre più
vasti di questi paesi vengono, infatti, sottratti alle
foreste per la coltivazione di cereali, destinati agli
animali degli allevamenti che andranno a riempire le pance
già sazie degli occidentali, anziché le popolazioni
africane, del sud est asiatico, e dell'America Latina. Si
consideri che 1 ettaro di terreno coltivato a soia produce
1800 chili di proteine vegetali, adibito a pascolo e
allevamento produce appena 60 chili di proteine animali.
Tutto ciò non potrà che generare guerre e carestie. Se
tutta l'umanità, infatti, volesse, al pari dei paesi
occidentali, consumare 80 kg di carne pro capite all'anno,
sarebbe necessaria una superficie tripla rispetto a quella
del pianeta Terra. E visto che noi occidentali non possiamo
arrogarci il diritto di essere gli unici a nutrirci di
animali, l'unica soluzione possibile è ridurre
drasticamente il consumo della carne nelle nostre diete.
L'adozione di una dieta vegetariana ridurrebbe di 3/4 volte
il fabbisogno di terra e di energia e del 30-40% il
fabbisogno di acqua e l'impatto eutrofizzante.
Conclude Tamino: è la stessa F.A.O. a metterci in guardia:
“gli uomini carnivori stanno distruggendo la Terra. Non
c'è cibo sufficiente per tutti.”
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